Vardón sì da descóre, ma ancia da rivà a ‘na conclusión. Par fà calcòssa, par nó lassà massa rebandonàth i nòstre bósch. Se torna fòra i vèci i ne cópa…


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martedì 16 agosto 2011

META’ MORFOSI

Alle elementari (ora scuola primaria), la maestra ci teneva molto a spiegare e far capire il fenomeno della metamorfosi degli insetti. L’esempio più usato era quello del bruco che poi diventa farfalla. Cioè, l’insetto che in una sua prima fase di sviluppo - secondo il sentire comune – ha un aspetto che fa schifo, poi diventa attraente ed elegante.
La metamorfosi non è però immediata così come l’ho descritta: tra la fase di bruco e quella di farfalla c’è il passaggio più importante, che talvolta si protrae anche di molto nel tempo, durante il quale avvengono tutte le trasformazioni necessarie per dare una veste completamente nuova (quella di adulto) a un essere vivente prima considerato spregevole (la larva). Ho fatto questa premessa perché, nel mezzo del cammin di nostra vita (un po’ oltre, per la verità...), pur non essendo un insetto, anch’io mi ritrovo a compiere un complicato processo di metamorfosi. Per essere più preciso (almeno così credo), in questo momento io la voglio chiamare metà morfosi, volendo significare proprio la fase centrale della metamorfosi.
Per quanto mi riguarda, la trasformazione in atto è di questo tipo: dal lavoro di dipendente pubblico (stadio larvale durato oltre 24 anni) a impresa individuale artigiana (fase adulta ancora da raggiungere pienamente). Qui però mi fermo un attimo; per evitare equivoci devo chiarire una cosa: lungi da me, dopo ciò che ho appena scritto, il voler equiparare a delle larve tutti i dipendenti pubblici: per questo, basta e avanza qualche  "onorevole" ministro della Repubblica italiana, che per brevità non cito, ma che, proprio per brevità, ben conosciamo.
Tendenzialmente, sarei contrario a parlare di me stesso e delle mie cose personali, in questo blog; questa volta, però, spero solo per questa, sento la necessità di farlo, come sfogo e anche come buon auspicio per il prosieguo e la riuscita finale della metamorfosi.
Dopo oltre 16 anni di servizio nel Corpo forestale del Friuli Venezia Giulia e più di 8 al Servizio fitosanitario regionale, dalla metà di maggio di quest’anno sono a casa, previe dimissioni.
Follia? Non sta a me rispondere, l’autodiagnosi non è una cosa seria.
Quale sarà mai il traguardo che spero di raggiungere? E’ molto semplice: andare in bosco, tagliare le piante (con criterio, ben s’intende), portare il legno tondo a casa, lavorarlo e trasformarlo il legna da ardere o, al limite, in qualche altro semilavorato, per poi venderlo.
L’obiettivo di fondo è quello di passare gli ultimi anni della mia vita lavorativa in condizioni diverse da quelle precedenti, mettendo in conto di poterci anche rimettere economicamente qualcosa rispetto a prima. Sono infatti convinto che, entro certi limiti, non siano i 100 euro in più o in meno quelli che consentono di vivere complessivamente meglio, quanto piuttosto che cosa si fa e, soprattutto, come e in quali condizioni lo si fa.
E’ partendo da questa considerazione che ho deciso di compiere la brusca virata che mi ha portato all’attuale metamorfosi.
Alla luce di quanto detto, spero proprio che i miei problemi futuri da affrontare siano principalmente di questo tipo: come li posso portare a strada questi tronchi? ; dove la faccio cadere questa pianta? ... e via di questo passo.
Una cosa che di me rimarrà sicuramente immutata rispetto a prima sarà la seguente: fitonauta ero, fitonauta rimango e fitonauta continuerò a essere in futuro, fino alla morte.
Al prossimo post.
Mandi

martedì 5 luglio 2011

La montagna del domani

Post riflessivo, questo, dopo aver letto ed apprezzato l'intervento che Enrico Camanni ha tenuto in apertura del 47° Corso di Cultura in Ecologia, organizzato dal Dipartimento TESAF dell'Università di Padova. L'intervento, dal titolo "Città e montagna: l'unico turismo possibile", tratta della storica "contrapposizione" tra la cultura di montagna e quella di città, evidenziando quanto la seconda abbia (integrandola non sempre positivamente) condizionato la prima e giungendo a ipotizzare un futuro per la montagna basato su una cultura globale a basso impatto sociale e ambientale. Un invito, quindi, a leggere l'intervento di Camanni a tutti coloro che amano la montagna e si interrogano sul suo futuro.
In un momento storico come l'attuale, così caratterizzato dall'indefinizione e dallo smarrimento, come montanari non ci rimane altro che riflettere, auspicando di andare - politica permettendo, è il caso di dire - nella direzione che Camanni indica come possibile.

mercoledì 22 giugno 2011

Mushroom watching

Salve, sempre a proposito dei svariati servizi che il bosco può offrirci, intendo ora parlare di quello cosiddetto ricreativo. Più in particolare, io ho sempre trovato ritemprante, per lo spirito, la pratica di andare per funghi. Se poi la cosa avviene in un momento in cui i funghi (intendo i carpofori) sono presenti, il grado di soddisfazione è maggiore. Proprio ieri, dopo un periodo che mi angustiavo immaginando che  fossero spuntati dei funghi nei nostri boschi pedemontani, ho trovato il tempo per andare a verificare la realtà.  Ebbene, non mi sbagliavo più di tanto pensando che fossero presenti, dato che ho avuto la fortuna di trovarne un bel po'.   Andando a cercare funghi lo spirito di osservazione aumenta e ad esso poi si sommano tutte le informazioni sugli habitat delle diverse specie di funghi che nel tempo si sono accumulate con l'esperienza. Diventa come un mettersi alla prova: "vediamo se sotto quei carpini c'è qualcosa (pensando ai porcinelli)?" ; oppure: "chissà se attorno a quelle querce c'è il porcino?". Non sempre, ovviamente, ma ogni tanto capita di immaginare chiaramente la realtà, andando a trovare in un certo posto ciò che poco prima si presumeva essere presente. Credo che tutto questo dipenda dalla capacità di tenere conto di molti fattori che concorrono allo sviluppo delle svariate specie di funghi. L'andare a funghi, inoltre, permette di osservare il bosco e le piante che lo compongono, compresi certi fenomeni di degrado causati da agenti biotici e abiotici.

Venendo al dunque, ieri sono andato in Róvre Gròss, in  Prà de Plana e nella Mónt de Daviàn (chiedo scusa ai non locali...), andando così fuori dai confini comunali, sottraendo i funghi agli avianesi (scherzo...). D'altronde, confini amministrativi a parte, queste località erano un tempo molto frequentate dalle genti di Budoia, avendo lì molte proprietà.

domenica 5 giugno 2011

APRE LO SPORTELLO "ENERGIA DAL BOSCO"

La "Ciasa del Comun"
La Sede della Pro Loco di Budoia
Dopo un prolungato periodo di assenza, eccomi ancora qua con questo nuovo post. Da sabato 30 aprile u.s., giorno di prima apertura,  lo sportello "energia dal bosco" ha iniziato a operare a Budoia con cadenza quindicinale (il sabato mattina, dalle 10 alle 12). La sede è presso gli uffici della Pro Loco di Budoia  e gli addetti allo sportello sono due baldi giovani laureandi in materie agro-forestali  presso l'Università di Udine.

Nella terza foto, ecco qua i nostri eroi, durante un turno d'apertura dello sportello. Si tratta dei dardaghesi d.o.c. Francesco Del Maschio (a destra) e Federico Rigo.
I nòstre fantàth
Tra i vari compiti loro affidati, vi è quello di ricevere le adesioni dei proprietari privati che intendono far tagliare i propri boschi e di coloro che intendono proporsi come operatori forestali, per eseguire il taglio su tali proprietà. In proposito, va detto che nelle prime tre aperture finora affettuate si sono presentati un discreto numero sia di proprietari boschivi che di aspiranti boscaioli: speriamo che ciò non sia dovuto solo a un'euforia iniziale, ma che duri nel tempo e si consolidi.
Altri compiti ai quali sono chiamati i nòstre fantàth (i nostri ragazzi), sono quelli di rilevazione delle proprietà all'interno di determinati ambiti  forestali, sui quali intervenire prioritariamente con il taglio del bosco, e quindi del contatto con i proprietari al fine di una loro adesione al progetto.
Il lavoro che lo sportello svolgerà durante la prossima estate sarà funzionale all'avvio della successiva fase di taglio del bosco, che sarà ovviamente preceduta dalla formazione di una apposita squadra di boscaioli.  Nel prossimo autunno partiranno i corsi sulla sicurezza e sui corretti metodi di lavoro in bosco.

giovedì 10 marzo 2011

BUDOIA: IL PROGETTO "ENERGIA DAL BOSCO"

Il Comune di Budoia, da molti anni  inserito nella rete di comuni "Alleanza nelle Alpi",  nell'ambito del programma denominato dynAlp-climate  ha presentato  a fine 2010  un proprio progetto,  che recentemente è stato approvato e che verrà perciò cofinanziato per una somma di 10.000 euro.

Venti sono i progetti che nei prossimi due anni riceveranno un cofinanziamento dal progetto dynAlp-climate, il programma per il clima della rete di comuni «Alleanza nelle Alpi». Dei 45 progetti presentati, la giuria ne ha scelti otto italiani, tre francesi e tre svizzeri, due tedeschi e due sloveni e infine due provenienti dal Liechtenstein e dall'Austria. Complessivamente, dynAlp-climate metterà a disposizione di questi progetti climatici circa 300.000 euro. I progetti danno un contributo concreto alla protezione del clima o mirano all’adattamento alle conseguenze del cambiamento climatico.
Il progetto di Budoia è incentrato sulla creazione di un primordio di filiera locale della legna da ardere, puntando a far incontrare la domanda e l'offerta di combustibili legnosi, legna da ardere in primis. Lo scopo è quello di riprendere la gestione dei boschi cedui privati che attualmente sono scarsamente utilizzati, cercando così di smuovere un po' l'assetto del mercato della legna da ardere, che è fortemente fondato sul commercio di prodotto non locale, per lo più provieniente da paesi balcanici ed Est-europei.
Tra le principali azioni previste dal progetto, vi è la formazione di un gruppo di operatori forestali, l'apertura di uno sportello "Energia dal Bosco" ove far confluire la domanda e l'offerta (di boschi in piedi da tagliare, di legna da ardere da vendere, eccetera...), e il coinvolgimento delle scuole elementari nella ricerca di un nome col quale identificare la legna locale. Da segnalare anche il coinvolgimento di altre realtà locali già esistenti, come la cooperativa "Le Anguane", per quanto concerne l'esecuzione pratica dei lavori in bosco, e la Pro Loco di Budoia,  con il ruolo di promozione turistica e culturale.  Sarà presente anche Assocosma, come referente professionale nel settore dell'utilizzo delle biomasse legnose da energia.
Intanto, a Budoia, il progetto è stato già illustrato alla popolazione nella serata del 24 febbraio u.s.. La partecipazione   è stata molto buona, oltre le aspettative, segno che l'argomento è piuttosto sentito.
Adesso sta per essere avviata la fase formativa per gli operatori forestali, con un corso specifico sull'uso in sicurezza di motosega, decespugliatore e verricello. La sessione primaverile del corso prevede tre giorni di lezione, in due periodi distinti: 29, 30 e 31 marzo e 5, 6, e 7 aprile. Il corso si svolgerà a Paluzza (UD) presso il Cesfam (Centro servizi per le foreste e le attività di montagna), gestito dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Chi fosse interessato a proporsi come volontario per il corso ed essere poi disponibile a  diventare parte attiva del progetto (andando materialmente a tagliare il bosco) lo può comunicare direttamente al Comune di Budoia ( tel. +39 0434 67 19 11, e-mail: sindaco@com-budoia.regione.fvg.it ). Idem dicasi per chi volesse avere maggiori informazioni.
E' un'opportunità da non perdere... per cui: giovani (e meno giovani...), fatevi avanti!

mercoledì 2 marzo 2011

Spacco della legna

Come avevo detto, parlerò in questo post dello spacco della legna. Generalmente, ci sembra che il lavoro di maggiore impegno sia quello in bosco, dove si abbattono le piante, si sramano, si depezzano, si concentrano i pezzi e poi si esboscano fino al luogo dove possono essere caricati per il trasporto a destinazione. In effetti, questa è un'impressione giusta, anche se dobbiamo ricordarci che in alcuni casi anche la successiva fase, quella della lavorazione per lo spacco e l'accatastamento, può rivelarsi abbastanza impegnativa. E' il caso per esempio del legno di carpino bianco, come quello  che ho appena tagliato e spaccato, che in funzione del diametro dei fusti, della loro fibratura e nodosità qualche problemino lo può creare.
Intanto comincio dicendo che ormai da anni ho preso l'abitudine di spaccare la legna lasciandola della lunghezza con la quale la allestitisco in bosco, cioè 1 metro. E' il sistema - dico io - "dei crucchi", perché è in uso prevalentemente al di là della Alpi e un po' anche nella nostra montagna interna.
Nella nostra pedemontana, invece, il sistema classico di lavorazione prevede prima l'accorciamento dei  tronchi in ceppi della lunghezza finale (cioè a misura di stufa) e poi lo spacco in pezzi (stòcks, nel dialetto locale) delle dimensioni volute. Adesso che cominciano a diffondersi le macchine sega-spaccalegna, le due operazioni sono svolte assieme, evitando di maneggiare più volte la legna. La legna così segata e spaccata alla dimensione finale, che è variabile, comporta per contro maggiori oneri per quanto riguarda la successiva movimentazione e l'accatastamento rispetto alla legna lunga, cioè quella da 1 metro spaccata ma non accorciata. E' per questo che ho preso l'abitudine "dei crucchi" di spaccare la legna mantenendola lunga, per la facilità di accatastamento per la stagionatura e anche perché  si può sempre decidere in seguito la lunghezza dei pezzi da ricavare, quando la si accorcia con la sega. A mio avviso, sarebbe interessante un approfondimento che metta a  raffronto i due metodi di lavoro,  per  verificarne i rispettivi punti di forza e le crticità.
Passando ad altro,  mi urge porgere un ringraziamento alla ditta Agri3, con sede a Fiume Veneto (PN), per avermi affidato in prova uno spaccalegna orizzontale LANCMAN da 20 t. In particolare, ringrazio il sig. Matteo Barbin, per la disponibilità dimostrata nel mettermi a disposizione tale macchina. L'Agri3 commercializza macchine e attrezzature per l'agricoltura e la forestazione e si distingue per dinamismo e  professionalità. L'esperienza che ho potuto così fare è stata molto utile e mi ha permesso di avere un'idea più precisa  del tipo di attrezzatura che potrà servirmi nel prossimo futuro. 
Ho apprezzato soprattutto la robustezza e la cura dei particolari costruttivi della macchina, prodotta in Slovenia dalla GOMARK , che non ha tanto da invidiare a quelle di marche più famose.
Per il momento chiudo qui e inserisco alcune immagini.
Alla prossima...

lunedì 14 febbraio 2011

Ferie in bosco

Oggi sono rientrato al lavoro abituale, dopo due settimane di lavoro in bosco e una di spacco della legna a casa.  Fatica, ma soddisfazione. Qualche problema, ma si risolve e poi si continua. Il mio precedente post (col senno di poi...) è risultato profetico: tre settimane di bel tempo non si vedevano da troppo tempo...
Il mio bosco, quello in cui ho cominciato il taglio quest'anno, ha bisogno di essere rinnovato. Lo comperai negli anni '80, dopo che era mancato un mio zio, il precedente proprietario.  Da allora ho solo diradato delle piante sottomesse, lasciando le migliori per sviluppo e conformazione. Si tratta di un carpineto di alto fusto quasi puro, con presenza ridotta di robinia.  Adesso mi ritrovo con un bosco maturo, che più sviluppato di com'è non potrebbe diventare (13 piante di carpino bianco tagliate, circa 200 quintali di legna stimati allo stato fresco).  Ho cominciato a togliere delle piante in maniera da far entrare la luce perchè possano germinare i semi, nascere e svilupparsi  le nuove piantine. Dove è già entrata della luce - causa piante stroncate dalle trombe d'aria - la rinnovazione è già presente ed esige di essere liberata dalla copertura sovrastante. Questa operazione di rinnovo del bosco è un passaggio cruciale non tanto per la difficoltà dell'operazione in sé, che è relativa, quanto per lo sconvolgimento a livello psicologico, del sottoscritto, ormai abituato a riconoscere le vecchie piante che erano lì da tanto tempo e che da ora dovranno essere piano piano rimpiazzate da altre, che per il momento non ci sono. Dieci anni circa, il tempo per questo ricambio,  quindi un nuovo soprassuolo giovane prenderà il posto delle piante che ho tolto. L'esperienza l'ho già fatta in Ligont, in condizioni simili. Nella mia zona non siamo in tanti a trattare (cioè tagliare) i carpineti - più o meno puri - nel modo che ho descritto (schema che ricorda quello dei tagli successivi, con diradamenti ripetuti, soprattutto dal basso, fino a maturità e poi preparazione-sementazione-sgombero). Il taglio che va per la maggiore qui da noi, tanto per dire quello fatto all'antica, prevede infatti il prelievo delle piante di più grosso diametro e il rilascio di quelle di dimensioni inferiori, indipendentemente dalle condizioni generali di quest'ultime (unico criterio: tagliare il grosso e lasciare il fino, per essere chiari).  A mio avviso, ciò determina una selezione negativa dei soggetti a cui viene affidato il compito di perpetuare il bosco, dal momento che si prelevano principalmente piante dominanti (altrimenti non sarebbero più grosse delle altre) e si rilasciano quelle  sottomesse, con chioma scarsa,  troppo asimmetrica, mezza secca o talvolta quasi nulla poiché ridotta a una misera frasca. Credo che non ci vorrebbe molto per affinare l'occhio e rilasciare dei soggetti migliori di quelli che più frequentemente capita di vedere dopo il taglio, che nella grande maggioranza dei casi fanno pena: basterebbe alzare lo sguardo verso l'alto e  constatare se la chioma c'è o meno e se quella pianta è i grado di mantenersi diritta una volta isolata oppure no. Ma forse questo, per qualcuno, significa perdere tempo...
Prossimo post sullo spacco della legna...

venerdì 14 gennaio 2011

Che tempo che fa

Dopo mesi di piogge torrenziali, alluvioni, nevicate, bora e freddo intenso alternati a scirocco ed alta marea con i relativi problemi di esondazioni dei fiumi, qual è i tempo che ci aspetta in questo primo scorcio di 2011?
Nemmeno con la sfera di cristallo potremmo darci una risposta, ovviamente.
Accontentiamoci perciò di cominciare a vedere delle schiarite, come quelle apparse oggi, che, seppure alquanto timide, almeno ci spingono a sperare.
Quello che è certo è che finora, da ottobre in avanti, in bosco è stato impossibile lavorare. Anche nell'immediato futuro, certe zone saranno quasi impraticabili, se non con mezzi aerei o anfibi (esageriamo un po'...).
Meglio - dirà probabilmente qualcuno - così i boschi se ne stanno un po' tranquilli, senza l'impatto negativo che l'uomo determina con le sue attività!
Mi sa però che questo tipo di pensiero andrà via via attenuandosi col passar del tempo.
Credo che l'evolvere della situazione economica, che coinvolge tutti noi, sia destinata a portarci - giocoforza - a rivalutare-riscoprire  certe risorse naturali rimaste a lungo immotivatamente abbandonate, una su tutte il bosco.
Come società, è probabile quindi che passeremo da una visione quasi museale  dell'ambiente naturale - ciò che ha connotato gli ultimi decenni - ad una visione maggiormente utilitaristica, sulla spinta di necessità concrete.
Il rischio in tal caso potrà essere quello di farci prendere la mano dalle necessità contingenti, sorvolando o dimenticandoci  delle dinamiche naturali che sovraintendono all'evoluzione e alla perpetuazione del bosco.
La selvicoltura potrebbe in tal caso venirci in soccorso, avendo proprio questa funzione: favorire il razionale utilizzo della risorsa naturale bosco, cioè conciliare le esigenze  umane più immediate con quelle ambientali,  molto importanti,  di più ampia portata e dilazionate nel tempo.