Questo qui sopra è il titolo del mio intervento al convegno “Abitare a legna”, tenutosi il 18 settembre scorso nell’ambito della 43^ Festa dei funghi e dell’ambiente, a Budoia.
Il convegno, organizzato anche grazie al consistente apporto di ASSOCOSMA, quest’anno illustrava le efficienti tecniche di combustione che caratterizzano le caldaie a biomassa legnosa di ultima generazione, nonché l’importanza in termini ambientali, di sicurezza, di resa di combustione e quindi di economicità, del corretto dimensionamento ed installazione/manutenzione degli impianti di evacuazione dei fumi, tuttora generalmente ed erroneamente considerati come una sorta di “accessorio”, non di primaria importanza, dei sistemi di riscaldamento. Un altro argomento molto interessante trattato nel convegno è stato quello dell’esperienza diretta nella costruzione di un’abitazione in legno, realizzata integralmente con legname dei boschi della Val Pesarina (molto diversa e quindi non equiparabile a quelle prefabbricate industrialmente).
Il Comune di Budoia, sulla scia del convegno 2009 (“I nostri boschi: parliamone”), nell’intento di promuovere un maggiore interesse verso una gestione multifunzionale dei boschi locali, mi ha coinvolto nel proporre delle idee che possano trovare un’effettiva applicazione.
Quindi, col discorso di adesso, mi riallaccio e dò un seguito a un mio precedente post dove descrivevo i maggiori ostacoli a una diffusa ripresa delle pratiche selvicolturali.
Ero difatti rimasto al punto in cui ponevo la seguente domanda: cosa si può fare per arrivare a una filiera della legna da ardere nella quale i diversi attori siano locali?
Dopo aver valutato svariate ipotesi, escludendo via via quelle più onerose e difficilmente praticabili, sono arrivato a formulare una prima proposta operativa, che di per sé può apparire di portata limitata.
Per spiegarmi meglio, dopo aver avanzato l’ipotesi che a Budoia l’associazionismo (cioè la costituzione di un consorzio) non sarebbe ben accetto dai proprietari forestali privati, ho individuato come risorsa importante quei proprietari che sarebbero disposti a far tagliare i propri boschi da altri soggetti presenti in loco.
Ho quindi pensato che in presenza di un sistema in grado di offrire loro delle garanzie, la loro disponibilità potrebbe anche aumentare (per esempio, garanzie in ordine a una remunerazione in linea col mercato e alla corretta esecuzione del taglio).
Per quanto riguarda gli ipotetici operatori forestali che materialmente interverrebbero per eseguire il taglio di questi boschi, tenendo sempre presente che in loco non ci sono imprese boschive, ho ipotizzato che sarebbero da reperire tra coloro che già si arrangiano nell’autoproduzione della legna. Si tratta cioè non di boscaioli professionisti ma di persone già dotate di un minimo di preparazione tecnica e anche del tempo libero da dedicare a questa attività, che è pertanto da intendersi a tempo parziale (anch'io sarei uno di quelli). Ho pensato a questa soluzione in quanto la più semplice e immediata, anche in considerazione che si tratta di un’attività caratterizzata dalla stagionalità (il periodo dei tagli va da ottobre ad aprile) e che difficilmente potrebbe offrire in breve tempo un reddito adeguato a chi intendesse praticarla come attività esclusiva.
Per quanto riguarda l’aggregazione tra questi diversi operatori forestali “non a tempo pieno”, la si potrebbe ottenere mediante il loro inserimento in una società cooperativa in qualità di soci lavoratori; tra l’altro, ciò permetterebbe la regolarizzazione del lavoro svolto e anche della vendita del prodotto, cioè la legna da ardere, sul mercato.
L’incontro tra la domanda e l’offerta, cioè tra i proprietari forestali e gli operatori forestali, potrebbe essere favorito e mediato da un soggetto pubblico super partes, quale l’Amministrazione comunale. Da tempo sento parlare di uno “Sportello Energia”, che dovrebbe prima o poi sorgere a livello comunale o intercomunale. Credo che nell’ambito delle politiche energetiche future, cui lo sportello sarà dedicato, un ruolo non secondario lo dovranno avere i boschi e la biomassa legnosa da essi ricavabile.
Questa che ho sinteticamente descritto è un’ipotesi per poter iniziare a fare qualcosa che si opponga al disinteresse e allo scarso utilizzo della risorsa forestale che caratterizza il nostro territorio pedemontano, non solo a Budoia.
Per il momento è solo una traccia, che abbisogna di discussione e affinamento, che richiede prima di tutto di valutare l’effettiva presenza e la consistenza numerica dei soggetti che ne sarebbero gli attori principali che, lo ripeto, sarebbero i proprietari forestali privati disposti a far tagliare i propri boschi da terzi e gli operatori forestali non professionali disposti ad incrementare la loro attività part-time.
Nel delineare la proposta di cui sopra, ho tenuto conto dei seguenti elementi:
- non imbastire mega-progetti che richiedono un consistente sostegno a base di denaro pubblico: se una certa attività è veramente antieconomica, non decollerà mai, nemmeno se foraggiata a dismisura, molti esempi visti fino ad oggi lo testimoniano;
- non immaginarsi di poter adottare sistemi di coercizione nei confronti dei proprietari forestali privati al fine di obbligarli ad accettare determinate condizioni, ovvero di “irreggimentarli”;
- politica dei piccoli passi, cioè non avere la presunzione di risolvere in breve tempo una situazione molto complessa, preferendo procedere con investimenti commisurati all’effettiva possibilità di raggiungere il risultato atteso, procedendo quindi per gradi;
- il significato da dare inizialmente all’iniziativa non è quello dell’immediata convenienza economica e delle conseguenti positive ricadute sul territorio e sulla comunità, bensì quello di suscitare curiosità, di far discutere sul significato della scelta, di coinvolgere quegli strati sociali in teoria più sensibili e pronti a recepire l’importanza del recupero gestionale dei boschi (scuole, nuove generazioni...);
- porre come obiettivo la costituzione di una “base”, cioè di un primario nucleo di un’ipotetica filiera della legna da ardere, su cui successivamente lavorare per un eventuale ulteriore sviluppo.
Tutto quello che ho detto fin qui può essere sicuramente visto come poco ambizioso, quando non di basso profilo (sarà che da piccolo suonavo il sassofono, non il trombone...).
A chi la vede in questo modo, dico che bisogna prima di tutto conoscere sia la realtà attuale del settore sia l’evoluzione che esso ha avuto negli ultimi 20-30 anni e quindi, tenendo in debita considerazione tutto ciò e con un po' di umiltà, saper riconoscere che bisogna recuperare, in chiave moderna ed almeno in parte, ciò che in passato ha costituito un’importante fonte di occupazione e un presidio del territorio che ora, purtroppo, ci appare solo come un lontano ricordo.
P.S.: Ultimamente sono sovraccarico di cose da fare e non trovo il tempo per pubblicare i post anche nel dialetto locale (come forse avrete notato). Mi dispiace veramente, spero di riprendere al più presto quella abitudine e anche di mantenerla.
P.S.: Ultimamente sono sovraccarico di cose da fare e non trovo il tempo per pubblicare i post anche nel dialetto locale (come forse avrete notato). Mi dispiace veramente, spero di riprendere al più presto quella abitudine e anche di mantenerla.
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