Per chi non lo sapesse – udite, udite – a Budoia è iniziato da qualche mese un percorso partecipativo nel quale è la cittadinanza che può e che deve esprimere i propri modi di intendere e di immaginare il futuro dei nostri paesi e del territorio circostante.

L’iniziativa è partita per volontà dell’attuale Amministrazione comunale e tutto il lavoro viene portato avanti dall’
arch. Monia Guarino, di Bologna, assieme ad alcuni suoi collaboratori. Uno staff di persone esperte che ha già portato a termine qualche decina di altri lavori analoghi in giro per l’Italia (anche a Pordenone, per intenderci).
E’ la prima volta che accade qualcosa di simile da noi, cioè che vi sia l’opportunità per un cittadino qualsiasi di manifestare le proprie idee sulle cose da farsi (o da evitare di farsi...), da qui al 2020, e che poi quest’ultime, invece di finire dissolte nel nulla, vengano registrate, confrontate, discusse, valutate e infine magari anche recepite in un documento che potrà fungere da supporto alle scelte dell’Amministrazione comunale.
Bene, quindi, direi.
Venerdì 3 e sabato 4 settembre scorsi ci sono stati i due primi incontri veri e propri con la cittadinanza, nei quali chiunque poteva partecipare. Prima di quegli incontri, erano stati recapitati avvisi attraverso la posta a tutti i cittadini ed esposti degli avvisi pubblici. La partecipazione è stata considerata buona il venerdì, un po’ sotto tono il sabato, specialmente nel pomeriggio.

C’era da aspettarselo: mi si dica pure presuntuoso, ma noi qui (gli autoctoni, perlomeno), sotto sotto non crediamo molto a queste cose della partecipazione, del dovere civico, eccetera. Preferiamo (siamo abituati a) risolvere i problemi, quelli "strettamente personali" come quello di voler costruire la baracca nell’orto o cambiare destinazione urbanistica al prato dietro casa, prendendo sottobraccio l’assessore o il sindaco o non importa chi altro, per discuterne al bar, meglio se davanti a
un’ombra de vin.Quindi, ombra de vin a parte, come nel resto d’Italia, dirà giustamente chi legge!
Io dico comunque, nonostante la partecipazione non proprio numerosa, che è meglio sia andata così piuttosto che il niente di prima: le cose vanno in qualche modo iniziate e poi portate avanti nel tempo. Se si fossero dovuti attendere dei segnali che avessero indicato il momento buono per avere una grande partecipazione, probabilmente l’iniziativa non sarebbe ancora partita né mai partirebbe.

Dopo questa interminabile premessa, quello che mi interessa dire è che nel corso dell’attività svolta nei due incontri, tra le caratteristiche di Budoia più frequentemente individuate dai partecipanti al laboratorio come importanti e dotate di potenzialità intrinseche, ci sarebbero gli elementi del paesaggio naturale più rappresentativi della nostra area: la montagna, i sentieri, il bosco, i prati naturali dell’alta pianura con i loro
bars (le siepi arboree) e i
masarons (i cumuli di sassi da spietramento dei terreni, depositati lungo i confini tra le proprietà). Assieme, vi sarebbero poi tutti gli elementi tipici dell’architettura spontanea di un tempo, rinvenibili nei centri storici dei paesi, come le case in sasso, i portoni ad arco e numerose altre componenti caratterizzanti il contesto abitativo.
In estrema sintesi: legno e pietra.
Per quanto riguarda i boschi, è scaturita l’importanza di un loro mantenimento in condizioni migliori delle attuali, in un’ottica di multifunzionalità e non solo considerando la loro funzione produttiva.

Io, personalmente, ho cercato di insistere sulla necessità di mantenere i prati stabili naturali dell’alta pianura, fino attorno ai paesi, al fine di scongiurarne l’imboschimento (naturale o artificiale, poco importa). A differenza dei boschi, che si mantengono da sé (cambieranno le specie, ma il bosco rimane bosco), i prati sono degli ecosistemi artificiali creati dall’uomo, per cui il loro mantenimento, per motivi paesaggistici e di biodiversità, deve essere costantemente garantito (che tradotto in parole povere significa che almeno un paio di sfalci di erba all’anno bisogna farli). Ci sono già, difatti, prati che si stanno completamente chiudendo, oppure siepi che tendono a colonizzare il prato (specialmente attraverso i polloni radicali di robinia e ailanto).
Un territorio completamente invaso dal bosco non è né bello né ecologicamente vario e interessante come lo è un territorio dove l’alternanza tra bosco e prato viene preservata.
Non mi dilungo oltre, anche se di cose da dire ce ne sarebbero ancora. Più avanti aggiornerò sul procedere del Laboratorio Urbano Budoia 2020.